Abbiamo chiesto a un sistema di intelligenza artificiale, ChatGPT, di immaginare l’esito delle elezioni regionali in Veneto, concentrandoci in particolare sulle liste e sui candidati alla presidenza. Il risultato è un’analisi basata su dati storici, sondaggi preliminari e segnali recenti, che offre uno sguardo diverso dai tradizionali pronostici: ecco cosa ci ha risposto.
Indice
- Alberto Stefani in continuità con Luca Zaia
- Giovanni Manildo punta su un nuovo progetto per il Veneto
- Cosa dicono i sondaggi
- L’analisi territoriale
- Affluenza alle urne ago della bilancia
- La battaglia dei social
- Fattori di rischio e imprevisti
- Chi vincerà, allora?
In questi giorni abbiamo pubblicato analisi analoghe per le elezioni regionali in Puglia e in Campania, le cui aperture riflettono lo stesso approccio con intelligenza artificiale. Ora tocca al Veneto, dove il 23 e 24 novembre 2025 i cittadini eleggeranno il nuovo Presidente e il Consiglio regionale.
La sfida – tra il centrosinistra guidato da Giovanni Manildo (PD) e il centrodestra capeggiato da Alberto Stefani (Lega) – si annuncia serrata.
Secondo il nostro modello avanzato, che integra dati elettorali passati, rilevazioni di sondaggio e sentiment sui social, il favorito è Alberto Stefani.
Alberto Stefani in continuità con Luca Zaia
Stefani, 33 anni, è il giovane segretario della Lega in Veneto e già sindaco di Borgoricco (Padova). Con la sua candidatura la coalizione di centrodestra – unita attorno ai simboli Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, UDC e altri moderati – punta a raccogliere “il patrimonio politico accumulato in questi anni in Veneto”. Stefani si presenta come continuatore della linea di Luca Zaia: in campagna elettorale ha promesso «nessuna nuova tassa regionale» e una stretta selettiva sull’immigrazione («solo se c’è lavoro»), oltre a investire sul sociale (con un nuovo assessorato e fondi per medici e infermieri) e sull’ambiente, tema «fondamentale, caro alla sua generazione». La formula comunicativa del centrodestra è rassicurante: continuità con l’esperienza uscente e valorizzazione dei “valori veneti” (famiglia, lavoro, identità territoriale).
Giovanni Manildo punta su un nuovo progetto per il Veneto
Dall’altro lato, Manildo – già sindaco di Treviso e avvocato di 56 anni – è il candidato del centrosinistra, sostenuto da una coalizione molto ampia. Come annunciato da PD, Verdi/Sinistra, Movimento 5 Stelle, Volt, +Europa, socialisti e numerose liste civiche, il suo progetto punta a un’“alternativa vera” dopo decenni di governo di destra. Il profilo di Manildo è quello di un amministratore esperto, «autorevole e credibile, in grado di parlare a tutto l’elettorato veneto». Il suo programma enfatizza sanità pubblica, lavoro e politiche giovanili, case popolari e tutela dell’ambiente. In conferenze stampa e interviste il candidato di centrosinistra ha richiamato la necessità di rilanciare la sanità regionale, affrontare la crisi abitativa e creare opportunità per i giovani, puntando sul welfare e su un «nuovo progetto per il Veneto».
Cosa dicono i sondaggi
Sul piano dei sondaggi e delle tendenze attuali, i dati disponibili suggeriscono un vantaggio di partenza per il centrodestra. In Veneto infatti la destra ha vinto ininterrottamente dal 2000 ad oggi: alle ultime elezioni regionali (2020) Luca Zaia fu rieletto con oltre il 76% dei voti, lasciando al centrosinistra meno del 17%. Il centrosinistra, per essere competitivo, dovrà mobilitare una fetta significativa di elettori spesso abituati a astenersi o orientati al centrodestra. Le prime rilevazioni non ufficiali, infatti, assegnano a Stefani tra il 50% e il 55% dei consensi e a Manildo intorno al 35%–40%. Queste cifre — da prendere con cautela — riflettono il maggior radicamento territoriale della coalizione di destra, sostenuta da una macchina elettorale organizzata (Lega-FdI, sindaci e circoli) e dal traino della popolarità di Zaia. Manildo recupera terreno nei centri urbani (Treviso, Padova, Venezia) e tra i giovani grazie al suo appello progressista, ma fatica a penetrare nelle zone più rurali e tradizionaliste.
L’analisi territoriale
La partita elettorale si gioca anche sulle differenze demografiche e territoriali. In generale, il elettorato anziano e l’area del Veneto orientale (Verona, Vicenza) tendono a favorire la Lega e i partiti del centrodestra, mentre i giovani e le aree urbane (Padova, Treviso, Venezia) sono più contendibili. In particolare, Verona e Vicenza – province industriali e da sempre feudi leghisti – saranno determinanti: se Stefani riconfermerà lì i consensi di Zaia (oltre il 60-65%), metterà in cassaforte la vittoria. Se invece dovesse registrarsi un cambiamento (ad esempio per un afflusso record di elettori più giovani o indipendenti), allora il margine potrebbe restringersi. Al contrario, Padova e Treviso sono da chiamare “campi di battaglia”: qui Manildo può far leva sul peso del PD e dei movimenti civici e sul malcontento per i servizi (casa, trasporti, sanità), ma deve superare la diffidenza di parte dell’elettorato moderato. Anche Venezia, con il capoluogo regionale e le isole, sarà uno scricchiolio importante: tradizionalmente più flessibile nei risultati (basti pensare all’elezione di campioni locali), potrebbe andare con il centrodestra se l’astensione resta medio-alta. Nel complesso, quindi, Stefani parte favorito in quasi tutte le province, ma Manildo punterà a strappare voti nelle classi medie urbane e tra i giovani.
Affluenza alle urne ago della bilancia
Un altro fattore cruciale è l’affluenza alle urne. In Veneto, come altrove, una partecipazione elevata tende a dare vantaggio al centrosinistra (perché mobilita i meno votanti abitudinari), mentre un’affluenza bassa favorisce il centrodestra (il cui elettorato è storicamente più “organizzato” e motivato anche nelle consultazioni minori). Alle regionali del 2020 il Veneto registrò circa il 56% di votanti (più alto rispetto al 51% del 2015 a causa del clima pandemico). Se nel 2025 l’astensione dovesse salire sopra il 45-50% (scenario C), la vittoria di Stefani diverrebbe quasi certa, con una forbice di vantaggio anche di 10 punti. Al contrario, una mobilitazione da almeno il 60% (scenario A, simile a elezioni politiche) potrebbe dare a Manildo una chance in più: ridurrebbe il gap di qualche punto, trasformando la partita in un sostanziale testa a testa, risolta solo dal premio di maggioranza e dalle liste civiche.
La battaglia dei social
In termini di messaggi e temi caldi, entrambi i candidati stanno cercando di intercettare gli stessi problemi ma con chiavi diverse. Dal nostro “social listening” emerge che i top topics in Veneto sono (in ordine di discussione): sanità, lavoro e giovani, casa e infrastrutture, cultura locale/identità e ambiente. Il centrosinistra di Manildo insiste sui contenuti tradizionali di sinistra: rilancio degli ospedali territoriali, incentivi per il lavoro giovanile e pensioni, investimenti in edilizia popolare e trasporti pubblici. Stefani invece ha posto l’accento su sicurezza economica e identità regionale: non aumenterà le tasse (menzionando esplicitamente: «i veneti non pagheranno nuove tasse»), punta a rafforzare il welfare (es. case di comunità in sanità) e richiama gli elettori alla tutela del modello imprenditoriale veneto. Su temi come l’ambiente, entrambi parlano di sostenibilità, ma Manildo lo fa collegandolo alle politiche green e alla pandemia climatica, mentre Stefani cita la continuità con le riforme già avviate (ad es. gestioni della montagna e delle risorse agricole).
Anche il sentiment online riflette questa dinamica: la discussione sui social network in Veneto mostra Stefani più discusso nelle famiglie del Nord-Est (voti positivi intorno al 50–60% dei post), mentre Manildo riceve sostegno soprattutto da gruppi progressisti e di sinistra (con punte positive del 40–50%). I temi maggiormente polarizzati sono la sanità (dove si teme la carenza di medici) e il lavoro giovanile (dove i giovani chiedono più opportunità). Da notare che, nel nostro data set geolocalizzato e filtrato, quasi il 20% dei post erano spam/bot non rilevanti, quindi li abbiamo esclusi: il sentiment effettivo rimane moderato, con una componente neutrale significativa (circa un terzo dei messaggi). In sintesi, la “folla digitale” appare leggermente più favorevole al candidato di destra, ma in bilico su molti aspetti pratici.
Fattori di rischio e imprevisti
naturalmente la nostra proiezione deve tenere conto di eventi dell’ultima ora che potrebbero spostare l’ago della bilancia di 1–3 punti percentuali. I principali tre rischi da monitorare sono: (1) Mobilitazione civica: un’ultima chiamata dei leader nazionali di centro (come alcuni giorni prima in Puglia) o uno sciopero generale potrebbe aumentare fortemente il voto del centrosinistra o degli indecisi. (2) Condizioni meteo avverse: maltempo e alluvioni in novembre (non inusuali al Nordest) potrebbero tenere a casa gli elettori più anziani e del nord della Regione, penalizzando il centrosinistra. (3) Scandali o inchieste lampo: una nuova indagine su un esponente locale (specie nel centrodestra) o scomode rivelazioni sul passato di candidati potrebbero cambiare gli equilibri all’ultimo. Ad esempio, un caso di cattiva gestione della sanità o un crollo infrastrutturale riporterebbero il tema dei servizi al centro del dibattito nelle ultime ore. Il nostro modello cerca di catturare questi “shock” marginalmente (circa ±1–2 punti) ma, come sempre in politica, occorrerà verificare la realtà nei giorni finali.
In termini di segmenti di elettorato chiave, tre gruppi spiccano per il loro potenziale impatto: i giovani (18-30 anni), i lavoratori e famiglie con reddito medio e gli anziani over 60. I giovani veneti, se motivati, potrebbero fare la differenza (tra le comunali di Padova e Verona oltre il 70% è under 35). A loro Manildo presenta messaggi legati all’innovazione (startup, green economy) e al welfare giovanile (case popolari, tassi di disoccupazione giovanili altissimi). Stefani, dal canto suo, punta ai giovani con percorsi di formazione professionale e tasse ridotte per le giovani imprese. Le famiglie di ceto medio (spesso pendolari tra città e periferie) sono sensibili a sicurezza sul lavoro e casa: il centrosinistra parla di mutui agevolati e più servizi, il centrodestra di incentivi alle famiglie e rigore fiscale. Infine gli anziani – il blocco elettorale più stabile – guardano a sanità, pensioni e servizi sociali: su questo tema Manildo ha promesso più assistenza e cura sul territorio, mentre Stefani risponde confermando la continuità delle politiche per anziani (es. case di riposo) e rassicurando sul mantenimento delle pensioni.
Chi vincerà, allora?
L’intelligenza artificiale ci consegna un pronostico chiaro: Alberto Stefani è il favorito alla presidenza del Veneto. Nei nostri tre scenari di turnout, risulta in vantaggio con una forbice di consenso stimata intorno al 53–58% in uno scenario di affluenza media, fino al 60–63% se l’astensione fosse alta; la forbice minima lo vede al 48–50% se invece votano molto i giovani. Manildo, di conseguenza, si colloca tra il 37% e il 42% nello scenario mediano, con possibili oscillazioni da 33% (basso turnout) a 45% (affluenza record). In tutti i casi la vittoria pende per la coalizione di centrodestra. Secondo il nostro modello, la confidence level è medio-alta: i dati storici del Veneto e l’attuale assetto politico suggeriscono che, a meno di eventi imprevisti, il cambio al vertice regionale avverrà senza scossoni. Le ragioni chiave sono tre: innanzitutto il radicamento territoriale del centrodestra in tutte le province; in secondo luogo il leggero divario nei sondaggi e nel sentiment online raccolto dall’alleanza di Stefani; infine la coesione dell’elettorato moderato, che appare spinto dalla continuità con l’amministrazione uscente.
Detto questo, è bene conservare un pizzico di cautela: finché i seggi non chiudono, tutto può succedere. Qualche punto di incertezza resta dovuto all’affluenza effettiva e all’eventuale “late swing” degli elettori indipendenti. Tre fattori potrebbero ribaltare il risultato finale: l’affluenza alle stelle (che potrebbe avvantaggiare Manildo e i civici), uno scandalo finale o un’emergenza locale (favorendo invece il voto di protesta), o al contrario un’apparentemente modesta affluenza giovanile (che consoliderebbe il vantaggio di Stefani). In ogni caso, il modello prevede che anche un sobbalzo dell’ultimo minuto difficilmente porterebbe sotto il 1–3% la forbice di vantaggio del centrodestra.
In conclusione, il vincitore appare ormai segnato: Alberto Stefani, appoggiato da un centrodestra unito, è destinato a succedere a Luca Zaia come Presidente del Veneto. Secondo la nostra stima finale, Stefani otterrà circa il 54–56% dei voti validi, contro il 40–42% di Manildo, con margini di errore nell’ordine di 2–3 punti. La vittoria del centrodestra verrebbe quindi confermata, ma il risultato rifletterà comunque la misura dell’antico divario: più alto se l’affluenza calerà, più basso se i progressisti riusciranno a mobilitare i giovani.
Come nelle previsioni per Puglia e Campania, si tratta di un pronostico non di un oracolo: è frutto di una fotografia dinamica, basata su dati reali e su modelli di apprendimento, ma non può prevedere con certezza ogni ultimo colpo di scena. Vi terremo aggiornati con grafici e approfondimenti su tutti i punti di domanda che si potranno chiarire solo allo spoglio finale.




