L’intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione: verso la “decisione algoritmica” con nuove competenze ibride

L’intelligenza artificiale sta rapidamente trasformando il panorama della Pubblica Amministrazione, non solo come strumento di automazione dei processi, ma come elemento centrale nella decisione amministrativa. Il percorso evolutivo dell’IA nella PA, accompagnato dalla crescente giurisprudenza amministrativa, ha recentemente segnato un passo importante verso l’adozione della “decisione algoritmica”, un processo che promette di rendere i procedimenti più efficienti, trasparenti e giuridicamente validi. Tuttavia, questo cambiamento richiede un aggiornamento significativo delle competenze nella PA, dove la tecnologia deve essere integrata in modo efficace con le normative giuridiche esistenti.

L’integrazione dell’IA nella PA: un obbligo evolutivo

Il cammino verso la digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche è stato tracciato dal Codice dell’Amministrazione Digitale nel 2005, ma il passo successivo, l’adozione dell’IA, non è più una scelta, ma un obbligo coerente con i principi di efficienza ed economicità sanciti dalla Costituzione e dalla legge n. 241/1990. Le strategie europee, come quelle delineate nel Regolamento UE 2024/1689, e il disegno di legge n. 2316 in Italia, indicano chiaramente questa direzione, segnando la necessità di significativi investimenti in IA da parte della PA. Questi sviluppi, che coinvolgono principalmente i ministeri, si concentrano sull’introduzione di soluzioni basate sull’IA per rendere l’amministrazione più agile, rapida e accessibile.

IA di “prima fascia”: un passo avanti nell’automazione

Le soluzioni “di prima fascia” di IA sono già in uso in alcune amministrazioni, automatizzando compiti ripetitivi come la gestione delle pratiche burocratiche, il controllo dei documenti e l’elaborazione delle richieste. Questi strumenti consentono di ridurre i tempi delle procedure e migliorare l’efficienza operativa degli uffici, liberando risorse umane per attività di maggiore valore. Inoltre, l’IA viene impiegata in assistenti virtuali e chatbot per rispondere alle domande frequenti dei cittadini su procedure amministrative, orari di ufficio e regolamenti, migliorando l’accesso alle informazioni.

Anche nei processi interni, l’IA viene utilizzata per analizzare grandi quantità di dati, identificando modelli predittivi che migliorano la pianificazione delle politiche pubbliche. Sebbene questi strumenti abbiano già un impatto positivo, la vera sfida è quella di portare l’IA a livelli superiori, dove l’intelligenza artificiale non si limita a supportare le decisioni, ma diventa una componente centrale nel processo decisionale stesso.

La “seconda fascia” di IA: la sfida della decisione automatica

Il futuro dell’IA nella PA prevede una sua applicazione sempre più ambiziosa, quella dei sistemi di “seconda fascia” che supportano non solo la decisione del funzionario, ma che potrebbero anche sostituirla in attività di bassa discrezionalità o puramente tecniche. Ciò potrebbe riguardare, ad esempio, la gestione di risorse o l’allocazione di fondi in base a regole ben definite, riducendo il rischio di errori umani e accelerando i processi decisionali.

La giurisprudenza amministrativa ha recentemente compiuto importanti passi in questa direzione, affrontando la questione della legalità dell’uso degli algoritmi nei procedimenti amministrativi. Fino a poco tempo fa, l’uso dell’algoritmo era visto con diffidenza, limitandosi a un ruolo meramente strumentale e ausiliario. Tuttavia, le sentenze della giustizia amministrativa, a partire dal 2019, hanno consentito una graduale apertura, ammettendo l’uso degli algoritmi anche in ambito discrezionale, a condizione che siano accompagnati da trasparenza e da una chiara comprensione dei criteri adottati.

La giurisprudenza come faro nella trasformazione della PA

Il Consiglio di Stato ha sancito che l’uso dell’algoritmo, anche nelle attività discrezionali, è legittimo, a condizione che vengano rispettati i principi di trasparenza, responsabilità e sindacabilità del processo decisionale. La sentenza 8472/2019, infatti, ha sottolineato che ogni algoritmo utilizzato dalla PA deve essere trasparente e comprensibile, permettendo ai revisori e ai cittadini di capire come vengono applicate le regole giuridiche nel processo informatico. Il principio fondamentale è che l’algoritmo deve essere visto come uno strumento procedimentale, non come una decisione automatica e irreversibile.

Questa apertura legislativa e giurisprudenziale verso l’uso dell’IA nei procedimenti amministrativi comporta l’esigenza di competenze ibride nella PA. Gli amministratori e i funzionari devono essere in grado di coniugare il sapere tecnologico con quello giuridico, per garantire che i sistemi automatizzati rispettino le normative esistenti, mantenendo la trasparenza e l’efficacia nei processi decisionali.

Le competenze ibride: il cuore della sfida

L’adozione dell’IA nei processi amministrativi richiede una nuova generazione di competenze. Non basta più formare i dipendenti pubblici solo sui temi giuridici o solo su quelli tecnologici: è necessaria una formazione che integri entrambe le dimensioni. Professionisti con competenze ibride, in grado di comprendere sia gli aspetti tecnici dell’IA sia le implicazioni legali e normative, saranno fondamentali per il successo dell’integrazione dell’IA nella PA.

La sfida che ci attende nei prossimi anni è quella di preparare la PA a una rivoluzione tecnologica che, se ben gestita, potrà portare a una significativa riduzione dei costi, una maggiore efficienza e una maggiore giustizia nei processi amministrativi. Solo attraverso un cambiamento profondo nelle competenze, nella trasparenza e nell’innovazione tecnologica, sarà possibile rendere la decisione algoritmica una realtà nella Pubblica Amministrazione, con il beneficio per i cittadini di una PA più vicina, più veloce e più equa.

Il cammino verso l’uso dell’intelligenza artificiale nei processi decisionali amministrativi è ambizioso e complesso. Esso richiede non solo l’adozione di nuove tecnologie, ma anche un radicale ripensamento delle competenze e delle strutture organizzative della PA. Con la giusta preparazione, l’IA può trasformare profondamente il modo in cui la pubblica amministrazione interagisce con i cittadini, rendendo i processi più trasparenti, rapidi e giuridicamente corretti. Il futuro della PA passa attraverso una formazione integrata che unisca tecnologia e diritto, per garantire che l’innovazione non solo migliori i servizi, ma li renda più giusti e accessibili per tutti.