Digitalizzazione, Internet of Things, blockchain e intelligenza artificiale non sono più solo strumenti di efficienza produttiva, ma leve decisive per la sostenibilità ambientale e la competitività delle imprese italiane. È quanto emerge da una ricerca del Sustainability Lab della SDA Bocconi School of Management, realizzata in collaborazione con Omnisyst, azienda attiva nella gestione dei rifiuti industriali.
Secondo lo studio, l’adozione di tecnologie digitali consente di ridurre costi e rischi operativi, rendendo le filiere più resilienti e meno dipendenti da materie prime critiche, con un effetto diretto sulla sostenibilità complessiva del sistema produttivo.
La circolarità come valore economico
“La circolarità non solo aiuta il pianeta, ma genera valore economico per le imprese”, spiega Francesco Perrini, Head of Sustainability della SDA Bocconi. Ridurre i costi, aumentare la produttività e trasformare i rifiuti in risorse: è questa la logica che guida la nuova frontiera della sostenibilità.
Il concetto di “rifiuto” cambia radicalmente: ciò che era un costo diventa oggi materia prima o fonte di ricavo. La filiera circolare, inoltre, rende le aziende più robuste rispetto alle crisi globali, diversificando gli approvvigionamenti e riducendo l’esposizione a shock esterni.
La sfida della frammentazione industriale
Pierluigi Serlenga, Managing Partner di Bain & Company Italia, sottolinea tuttavia un nodo tutto italiano: “La frammentazione dei settori industriali è molto forte e spesso frena l’adozione di strategie innovative come la circolarità”.
Per superare questo limite serve fare sistema. Le grandi imprese devono guidare le catene del valore, collaborando con Pmi e stakeholder istituzionali su temi non competitivi. Solo una filiera coesa può trasformare l’economia circolare in una strategia industriale diffusa.
Benefici concreti e vantaggio competitivo
L’economia circolare produce effetti tangibili: minori emissioni di CO₂, miglioramento degli indicatori ESG e rafforzamento della reputazione aziendale. Le imprese che adottano pratiche sostenibili risultano più solide anche agli occhi del sistema creditizio, ottenendo condizioni finanziarie più favorevoli.
La brand loyalty cresce, così come il posizionamento nelle gare pubbliche dove i criteri ESG pesano sempre di più. “L’Italia è un Paese leader – ricorda il vicepresidente di Assolombarda, Massimo Di Amato – seconda in Europa solo ai Paesi Bassi. In Lombardia oltre il 73% dei rifiuti viene raccolto in modo differenziato, contro una media Ue inferiore al 40%”.
Dalla Lombardia all’Europa: un modello da replicare
Il modello lombardo dimostra che autosufficienza e gestione circolare dei rifiuti possono diventare un asset competitivo. Ma per Di Amato “serve uno sforzo istituzionale per replicarlo su scala nazionale ed europea, costruendo un ecosistema fatto non solo di regole ma anche di strumenti finanziari e incentivi”.
L’obiettivo è accompagnare le imprese, soprattutto le Pmi, lungo il percorso della transizione circolare, rafforzando al contempo la loro indipendenza dai mercati esteri.
Blockchain, simbiosi industriale e nuovi modelli di business
La ricerca presenta casi di successo in settori chiave come manifattura, agroalimentare e chimica. Blockchain e IoT vengono utilizzati per la tracciabilità, la gestione intelligente dei residui e la trasparenza delle dichiarazioni ambientali.
Nel tessile e nella moda di lusso il digitale abilita la logistica inversa e il monitoraggio delle emissioni, mentre nel farmaceutico e nel medicale i dati permettono di ridurre sprechi e costi, arrivando in alcuni casi all’obiettivo “zero rifiuti in discarica”.
“Per anni abbiamo detto che i rifiuti erano una risorsa. Ora lo sono davvero, grazie a tecnologie di riciclo sempre più precise ed efficienti. Siamo entrati in una nuova era”, ha commentato Chicco Testa, presidente di Omnisyst e di Assoambiente.
Un’agenda condivisa per imprese e istituzioni
Il messaggio che arriva dalla ricerca è chiaro: integrare digitalizzazione ed economia circolare non è più un’opzione etica, ma una scelta strategica. Per le imprese significa ridurre costi e rischi, migliorare la reputazione e conquistare vantaggi competitivi.
Per le istituzioni, invece, la sfida è creare un contesto normativo e fiscale che premi chi innova. La Strategia Nazionale per l’Economia Circolare ha avviato il percorso, ma servono misure più incisive per sostenere la transizione delle piccole e medie imprese.
La gestione circolare dei residui industriali diventa così una delle chiavi della nuova competitività italiana — quella che unisce sostenibilità, innovazione e indipendenza economica.