Il disegno di legge sull’intelligenza artificiale attualmente in discussione alla Camera solleva preoccupazioni crescenti tra i rappresentanti del mondo del lavoro. A lanciare l’allarme sono la Cgil nazionale, attraverso Alessio De Luca, responsabile del progetto Lavoro 4.0, e Apiqa, l’associazione dei professionisti della comunicazione e del digitale aderente alla Cgil, rappresentata dalla presidente Federica Cochi.
Per entrambi, il testo “presenta evidenti limiti di visione e coerenza con l’AI Act europeo”, e il rischio è quello di costruire un impianto normativo squilibrato, poco trasparente e incapace di gestire in modo democratico la transizione digitale.
Un colpo agli organismi indipendenti: Autorità sotto controllo diretto del governo
Uno dei punti più contestati è la trasformazione dell’Autorità nazionale per l’intelligenza artificiale in un’agenzia posta direttamente sotto la Presidenza del Consiglio. Secondo De Luca e Cochi, questo snaturerebbe il ruolo originariamente previsto dal Regolamento europeo, che immaginava organismi di controllo indipendenti e capaci di garantire un monitoraggio super partes.
Allo stesso modo, l’Osservatorio nazionale sull’uso dell’AI nel lavoro verrebbe ridotto a semplice “dipartimento” all’interno del Ministero del Lavoro, privato di autonomia e di forza operativa. Una scelta che – denunciano i sindacati – compromette la possibilità di avere un presidio effettivo sugli impatti della tecnologia nei luoghi di lavoro.
Le parti sociali tenute ai margini
Altra criticità grave è il ruolo marginale riservato alle parti sociali. Il disegno di legge e le linee guida ministeriali fanno riferimento ai sindacati in modo occasionale, e non menzionano mai esplicitamente la contrattazione collettiva. Un’assenza pesante, se si considera che l’intelligenza artificiale sta già modificando mansioni, tempi e modalità del lavoro in decine di settori.
“Stiamo parlando di cambiamenti epocali – spiegano Cochi e De Luca – ma si cerca di gestirli senza coinvolgere chi rappresenta milioni di lavoratori. È una visione centralizzata, tecnocratica, che lascia indietro le persone”.
Professioni digitali: l’elenco del Ministero è vecchio prima ancora di nascere
Il testo del ddl viene inoltre accusato di basarsi su una comprensione superficiale e arretrata del mondo del lavoro digitale. L’elenco delle professioni “interessate” dalla trasformazione, pubblicato sul sito del Ministero, non solo è incompleto, ma appare del tutto scollegato dai reali trend occupazionali.
“Si ignorano le trasformazioni organizzative, la nascita di nuove figure professionali, le competenze ibride che stanno emergendo – osservano i rappresentanti di Cgil e Apiqa –. Non si può pianificare il futuro del lavoro con strumenti vecchi”.
Il rischio: perdere il treno dell’innovazione equa
Al centro dello scontro c’è una questione di metodo e di visione politica: l’Italia rischia di costruire una governance dell’AI priva di garanzie democratiche e senza una reale capacità di proteggere lavoratori e cittadini. Il Regolamento europeo prevede un equilibrio tra sviluppo tecnologico e diritti fondamentali, ma il ddl italiano – sostengono i critici – sembra voler ridurre quell’equilibrio a una formalità.
“Svuotare i contenuti del Regolamento europeo, ridurre la vigilanza e accentrare il potere significa aprire la strada a decisioni opache, sbilanciate verso gli interessi di pochi – dichiarano De Luca e Cochi –. Ma la tecnologia non è neutrale: va governata con strumenti inclusivi, capaci di dare voce a tutti gli attori coinvolti”.
Una battaglia politica per il futuro del lavoro
Quello in corso non è solo un confronto tecnico. È una vera battaglia politica, che riguarda il ruolo dello Stato, il funzionamento della democrazia economica e la qualità dello sviluppo. Cgil e Apiqa annunciano che continueranno a vigilare, a mobilitarsi e a proporre modifiche al testo.
“L’intelligenza artificiale – concludono – può rappresentare un’opportunità straordinaria, ma solo se regolata con equilibrio, trasparenza e partecipazione. Non possiamo permettere che diventi l’ennesimo strumento di esclusione o controllo. Serve una visione lungimirante, condivisa e all’altezza delle sfide globali”.