Giustizia e intelligenza artificiale: Zaccaro (AreaDg), “Il rischio è fermare l’evoluzione del diritto”

Giustizia digitale

L’intelligenza artificiale non è più un tema di frontiera. È una realtà che attraversa scuole, università, studi professionali e, sempre più spesso, entra anche nei tribunali. A ricordarlo è Giovanni Zaccaro, segretario di Area democratica per la giustizia, che ha aperto il quinto congresso nazionale dell’associazione con un intervento centrato proprio sul rapporto tra tecnologia e giurisdizione.

L’IA cambia le professioni e tocca la giurisdizione

Secondo Zaccaro, l’intelligenza artificiale sta già trasformando il modo di concepire le professioni intellettuali e non può più essere trattata come un fenomeno futuro.
“Per quanto la si voglia studiare, regolamentare o limitare, è già qui. È un’innovazione che tocca da vicino la giurisdizione. Certamente la decisione resterà sempre al giudice, ma il tema vero è un altro: la possibilità di calcolare o predire l’esito di un giudizio influenzerà chi decide di intraprenderlo”.

Il rischio di una giustizia “predittiva”

Il pericolo, spiega Zaccaro, è che l’uso dell’IA per prevedere l’esito dei giudizi finisca per scoraggiare le cause più coraggiose, quelle che servono a far evolvere il diritto.
“Se nessuno rischia di andare contro il precedente – osserva – la giurisprudenza si ferma allo status quo”.
Un sistema che suggerisce quali processi sono “persi in partenza” potrebbe spingere cittadini e avvocati a rinunciare all’azione giudiziaria, riducendo la capacità del diritto di adattarsi ai tempi.

L’addestramento degli algoritmi e il rischio degli oligopoli

Zaccaro richiama poi l’attenzione su un’altra questione cruciale: la trasparenza dei dati con cui vengono addestrati gli algoritmi.
“Un’IA allenata con dati parziali può restituire solo i precedenti convenienti per chi l’ha sviluppata, nascondendo quelli scomodi. È una questione ben più seria del semplice vigilare o sanzionare: riguarda l’oligopolio dei soggetti privati, la gestione dei big data e la lealtà con cui vengono addestrate le macchine”.

La giustizia digitale senza una visione pubblica

L’intervento si chiude con una riflessione sul ruolo dello Stato e sulla necessità di una strategia chiara per l’innovazione in giustizia.
“Un ministero che esternalizza funzioni strategiche e continua a offrire strumenti vecchi ai suoi operatori può davvero dirsi consapevole delle opportunità e dei rischi dell’intelligenza artificiale? O si limita solo a introdurre qualche nuovo reato?”.

L’intervento di Zaccaro riporta così il dibattito sull’IA nel cuore della giurisdizione: non su come sostituire l’uomo con la macchina, ma su come preservare la capacità critica e il coraggio decisionale che rendono umano l’esercizio della giustizia.