L’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento per risolvere compiti o rispondere a domande: oggi sta assumendo un ruolo sempre più importante come confidente emotivo, soprattutto tra i giovani. Un recente studio condotto da Skuola.net su un campione di 2.000 ragazzi tra gli 11 e i 25 anni rivela che un numero crescente di giovani si rivolge a chatbot basati su IA, come ChatGPT, Replika e Youper, per ricevere supporto psicologico o semplicemente per confidarsi. Si tratta di un fenomeno che sta rivoluzionando il modo in cui le nuove generazioni affrontano il benessere emotivo e psicologico.
Un compagno sempre disponibile
L’aspetto che rende l’AI particolarmente attraente per i giovani è la sua disponibilità continua. Il 38% degli intervistati ha dichiarato di usare l’IA proprio perché sempre operativa, senza bisogno di fissare appuntamenti o rispettare orari. Per molti, l’IA è diventata una sorta di “psicologo virtuale”, accessibile in qualsiasi momento e senza la paura di essere giudicati. Non solo: il 28% dei ragazzi la considera uno strumento utile per ottenere un punto di vista imparziale, mentre il 31% apprezza il fatto che, a differenza di un terapeuta umano, possono autogestire il percorso senza pressioni esterne.
I benefici percepiti: un vero aiuto?
I benefici sembrano essere reali, secondo i ragazzi che utilizzano questi strumenti. Tra chi ha una relazione quotidiana con un chatbot (15%) o settimanale (8%), il 17% afferma di aver notato un miglioramento significativo della propria vita, mentre il 34% segnala un miglioramento più lieve. Solo il 2% ha osservato un peggioramento. Questi dati suggeriscono che, pur trattandosi di un supporto digitale, i giovani ne traggono un effetto positivo, almeno in termini di ascolto e consapevolezza di sé.
I rischi: dipendenza e legami emotivi
Tuttavia, come ogni strumento, l’uso dell’intelligenza artificiale per il benessere emotivo presenta dei rischi. Un terzo degli utenti più assidui ammette di sentire il bisogno quasi compulsivo di queste conversazioni, temendo di non poter più fare a meno dell’interazione con l’AI. Inoltre, un giovane su sei riporta di sviluppare un vero e proprio legame emotivo con il chatbot. Questo legame, sebbene possa offrire conforto immediato, rischia di generare confusione tra la relazione virtuale e quella reale, portando a una crescente solitudine e difficoltà nel relazionarsi con gli altri.
Un ulteriore rischio è la possibilità di creare una dipendenza psicologica: il 6% dei giovani intervistati ammette che, sebbene l’AI non possa sostituire un amico o un familiare, sarebbe disposto a seguire i suoi consigli, anche riguardo scelte di vita importanti, se ritenuti logici. Questi numeri sono il doppio rispetto a coloro che non hanno mai utilizzato un chatbot per scopi psicologici.
L’AI può sostituire uno psicologo umano?
Nonostante l’aumento dell’utilizzo dell’IA come supporto emotivo, solo una minoranza dei giovani ritiene che possa sostituire un terapista umano. Solo il 7% degli intervistati ritiene che un giorno l’intelligenza artificiale possa prendere il posto di uno psicologo, mentre il 32% lo considera un valido strumento di supporto iniziale. Tra gli utenti abituali, il 14% crede che l’IA possa un giorno sostituire un professionista umano.
Differenze di genere nell’utilizzo dell’AI
Un aspetto interessante emerso dallo studio riguarda la differenza tra i sessi. Mentre solo il 9% dei giovani uomini si rivolge regolarmente a un terapeuta umano, la percentuale sale al 18% quando si tratta di utilizzare l’AI. Al contrario, le donne mostrano una maggiore propensione a cercare supporto tradizionale, con il 40% di loro che preferisce il terapeuta umano rispetto al digitale.
L’importanza di un approccio integrato
L’esperto Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, sottolinea che, pur con tutte le potenzialità offerte dall’IA, è fondamentale non perdere di vista il ruolo insostituibile della figura umana nel supporto psicologico. Sebbene l’IA possa essere un ottimo strumento di primo supporto, l’integrazione con un professionista qualificato resta essenziale per garantire un percorso di benessere equilibrato. La soluzione non sta nel demonizzare o vietare l’uso di questi strumenti, ma nel capire come integrarli con il supporto umano, per evitare i rischi di dipendenza o di confusione emotiva.
L’AI come supporto, non come sostituto
In sintesi, l’intelligenza artificiale sta diventando un alleato fondamentale per i giovani nel loro percorso di supporto emotivo, soprattutto in un periodo in cui la disponibilità e la riservatezza sono cruciali. Tuttavia, è necessario monitorare con attenzione l’evoluzione di questo fenomeno, per evitare che l’IA diventi una “pillola” virtuale che sostituisce i veri contatti umani e pericoli psicologici derivanti da una relazione illusoria con il chatbot.
In futuro, l’IA potrebbe diventare uno strumento complementare per i professionisti del benessere mentale, ma non potrà mai sostituire la comprensione profonda, l’empatia e l’ascolto che solo un essere umano è in grado di offrire.