Nel cuore della campagna romana, alla Casa di spiritualità “Fraterna Domus” di Sacrofano, si è tenuto il XV Convegno Internazionale dell’Associazione Internazionale Esorcisti. Circa trecento tra esorcisti e collaboratori, provenienti da tutti i continenti, si sono riuniti per discutere non solo delle consuete tematiche spirituali, ma anche di una nuova, inquietante frontiera: l’intelligenza artificiale. L’evento ha ricevuto anche il messaggio di incoraggiamento del Papa, segno che i temi trattati non sono affatto marginali.
A destare particolare attenzione è stata la relazione di chiusura della criminologa e ricercatrice Beatrice Ugolini, consulente del GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa). La sua analisi ha toccato un punto delicato ma fondamentale: il legame emergente tra neo-occultismo e tecnologie digitali, in particolare l’IA.
Intelligenza artificiale e occultismo: un matrimonio inquietante
Secondo la Ugolini, l’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento al servizio della produttività o della creatività umana. Alcuni ambienti esoterici, soprattutto quelli più informali e disorganizzati, stanno iniziando a utilizzare chatbot, motori predittivi e strumenti di generazione automatica per sviluppare nuove pratiche magico-operative.
Un esempio? Applicazioni basate su IA addestrate per simulare comunicazioni con l’aldilà, sfruttando deep learning e dati personali per ricreare pattern linguistici di persone decedute. Una forma ibrida di necromanzia digitale. O ancora, algoritmi progettati per restituire risposte oracolari in chiave divinatoria, capaci di personalizzare rituali, evocazioni o simboli sulla base delle preferenze e dei dati dell’utente.
Questo nuovo paradigma, ribattezzato dalla relatrice come “magia del caos digitale”, rompe completamente con le tradizionali categorie dell’occulto. Niente più dogmi, formule antiche o tradizioni tramandate oralmente: la magia diventa un terreno di sperimentazione individuale, destrutturata e altamente soggettiva, alimentata dalla potenza computazionale e dalla disponibilità infinita di dati.
Che cos’è la magia del caos?
Nata tra gli anni ’70 e ’80 come corrente esoterica postmoderna, la magia del caos (chaos magick) si distingue per il suo approccio eclettico e flessibile. Non crede in una verità assoluta o in rituali prestabiliti: al contrario, punta tutto sulla volontà individuale, sulla personalizzazione delle pratiche e sulla manipolazione del simbolismo.
Nel contesto attuale, l’IA si presta perfettamente a queste logiche. Con un generatore di testi, immagini o voci sintetiche, è possibile costruire rituali su misura, creare sigilli personalizzati, evocare entità virtuali e addirittura tentare esperienze “spirituali” mediate da algoritmi. Il confine tra tecnologia e metafisica diventa sempre più labile.
Quando l’IA diventa “mistica”: un fenomeno da non sottovalutare
A prima vista, potrebbe sembrare una moda passeggera o una curiosità per appassionati di esoterismo digitale. Ma il fenomeno è più serio di quanto sembri. In un’epoca segnata da crisi identitarie, solitudine digitale e perdita di riferimenti religiosi, molte persone cercano risposte alternative, anche nell’occulto. E se un algoritmo promette di fornire una “connessione” con l’invisibile, il rischio di manipolazione è dietro l’angolo.
Non si tratta solo di creduloni. L’uso dell’IA in ambiti pseudo-spirituali coinvolge anche persone colte, spesso in cerca di risposte non convenzionali. La tecnologia diventa uno strumento di autorivelazione, di potere personale, di contatto con “l’altro” — qualsiasi cosa esso significhi. E in questo senso, si apre la porta a un terreno molto scivoloso: quello della mistificazione, della dipendenza digitale e, in alcuni casi, del disturbo psichico vero e proprio.
Il richiamo della Chiesa: vigilanza, non demonizzazione
L’atteggiamento della Chiesa, come espresso anche durante il Convegno, non è di chiusura preconcetta verso l’innovazione. Ma è chiaro che quando la tecnologia entra nel territorio dello spirituale, servono criteri di discernimento chiari. La “magia del caos” mediatica e digitale viene vista come un sintomo di un tempo in cui tutto è fluido, tutto è remixabile, anche il sacro.
Il messaggio che arriva da Sacrofano è uno solo: attenzione. Non tanto all’IA in sé, ma all’uso che se ne fa. Non basta regolare i dati o i diritti d’autore: serve anche una riflessione culturale profonda sul modo in cui la tecnologia sta riscrivendo le forme della nostra spiritualità.
Magia, algoritmi e cultura pop: un mix già virale
Fenomeni come le “IA-oracolo” non nascono nel vuoto. Già da anni la cultura pop propone figure ibride tra tecnologia e divino: da film come Her a serie come Black Mirror, passando per videogiochi e romanzi cyberpunk. Il concetto di un’intelligenza artificiale che possa consigliare, guarire, persino “benedire”, non è più solo fantascienza.
Non stupisce quindi che alcuni influencer esoterici abbiano cominciato a usare chatbot per fornire consulenze “magiche”, o che su TikTok proliferino tutorial su come creare il proprio “familiar digitale”. Anche qui, il confine tra gioco e credenza si fa sottile, e spesso invisibile.
Una nuova etica per il sacro digitale
Il vero nodo, dunque, non è tanto tecnologico quanto etico. L’IA non è magica, ma può essere usata per alimentare illusioni, o peggio, per sostituirsi a funzioni profondamente umane come il lutto, la fede, la speranza. Chi regola tutto questo? Chi si prende la responsabilità di tracciare un limite tra esperimento e pericolo?
In un mondo sempre più affamato di senso, l’IA rischia di diventare il nuovo oracolo, pronto a rispondere a ogni domanda, anche quelle che un tempo erano rivolte a Dio, al destino o all’inconscio. E forse è proprio questa la vera “magia del caos”: non l’evocazione di entità oscure, ma la cancellazione progressiva dei confini tra umano e artificiale, tra fede e programma, tra rito e simulazione.