L’Europa ha scritto alcune delle leggi più avanzate al mondo su intelligenza artificiale, concorrenza digitale e dati. Ma la domanda che ci si pone con più insistenza è chi farà davvero rispettare queste regole? La Commissione europea sta valutando la creazione di una “EU Tech Enforcement Agency”, un’agenzia indipendente che avrebbe il compito di monitorare e far applicare in modo uniforme i principali regolamenti digitali: AI Act, Digital Services Act (DSA), Digital Markets Act (DMA) e Data Act.
Un’idea che nasce dai think tank europei
A rilanciare la proposta sono stati alcuni dei principali centri di ricerca e policy europei, che denunciano la frammentazione del sistema attuale.
Oggi, l’enforcement delle norme digitali è distribuito tra la Commissione e le autorità nazionali, creando differenze significative nei tempi e nei risultati tra uno Stato membro e l’altro.
Una Tech Enforcement Agency servirebbe a colmare proprio questo divario accentrando le competenze tecniche, garantendo risposte più rapide e riducendo il rischio di interpretazioni divergenti.
In pratica, sarebbe l’equivalente digitale della BCE nel campo regolatorio: un centro unico di controllo, con personale specializzato e risorse dedicate.
Sovranità tecnologica e potere regolatorio
Dietro la proposta c’è un obiettivo strategico che è quello di rafforzare la sovranità tecnologica europea. L’Unione si trova infatti in una fase cruciale: le grandi piattaforme globali, da Meta a Google, da OpenAI ad Amazon, operano su scala mondiale, spesso più veloce e potente delle stesse istituzioni.
Un’agenzia dedicata consentirebbe all’Europa di agire come blocco unico, in grado di intervenire in modo coordinato su questioni di trasparenza degli algoritmi, accesso ai dati, concorrenza digitale e impatti dell’intelligenza artificiale. Sarebbe anche un segnale politico forte per dire che l’Europa non solo legifera, ma pretende il rispetto delle proprie regole.
Rischi, dubbi e resistenze
Non mancano, però, i nodi critici. Creare una nuova agenzia europea richiederebbe una base giuridica chiara, risorse finanziarie dedicate e, soprattutto, un accordo politico tra i 27 Stati membri. Alcuni governi temono una sovrapposizione con le autorità nazionali, come i garanti privacy o le autorità antitrust, e una perdita di competenze a favore di Bruxelles.
C’è poi il tema dell’indipendenza: chi nominerebbe la direzione dell’agenzia? Come si garantirebbe la trasparenza delle decisioni e l’equilibrio tra tutela dei cittadini e competitività delle imprese?
Un segnale politico destinato a durare
Anche se al momento è solo una proposta, la discussione sull’EU Tech Enforcement Agency segna un cambio di paradigma.
Per la prima volta, l’Unione europea riconosce che la regolazione da sola non basta: serve una capacità operativa permanente per vigilare, sanzionare e intervenire in tempo reale su un ecosistema in continua evoluzione.
Se realizzata, l’agenzia potrebbe diventare il pilastro di un modello europeo dell’innovazione responsabile, in cui sviluppo tecnologico e tutela dei diritti non sono in contraddizione ma due facce della stessa politica pubblica.




