La transizione verso un’economia guidata dall’intelligenza artificiale entra in una nuova fase. Da oggi Amazon avvia un piano di riduzione del personale che interesserà circa 14 mila dipendenti in tutto il mondo.
Una decisione confermata in una lettera interna firmata da Beth Galetti, Senior Vice President for People Experience and Technology, che parla di “cambiamenti organizzativi necessari per aumentare velocità, responsabilità e innovazione”.
Dietro le parole del management si intravede una tendenza ormai strutturale: l’automazione basata su AI sta progressivamente ridisegnando le catene del valore e sostituendo funzioni operative e gestionali, anche in settori che fino a pochi anni fa sembravano impermeabili alla rivoluzione tecnologica.
Efficienza contro occupazione
Le motivazioni ufficiali, “ridurre la burocrazia”, “rimuovere livelli” e “concentrare risorse sulle attività chiave”, si inseriscono nel quadro di un processo di razionalizzazione tecnologica che accomuna molte big tech.
Dopo i 27 mila tagli tra il 2022 e il 2023, Amazon accelera la trasformazione interna verso un modello più snello, dove gli algoritmi sostituiscono la gestione intermedia e le decisioni operative vengono affidate a sistemi di analisi predittiva.
Il dato economico rende chiaro il paradosso: nella prima metà del 2025 Amazon ha registrato utili in crescita del 50%, a fronte di un taglio netto della forza lavoro. Il segnale è evidente: la crescita non è più sinonimo di occupazione, ma di efficienza automatizzata.
Dal magazzino al marketing: l’AI attraversa tutti i reparti
Per anni la robotica di magazzino, con i celebri robot Kiva e i sistemi di visione artificiale per la logistica, ha rappresentato il volto “fisico” dell’automazione di Amazon.
Oggi però la rivoluzione si sposta sul piano cognitivo. Nei reparti di marketing, risorse umane e customer care vengono introdotti strumenti di intelligenza artificiale generativa in grado di scrivere testi, analizzare tendenze, monitorare le performance e perfino elaborare strategie commerciali.
L’AI non sostituisce soltanto il lavoro manuale, ma ridisegna la natura stessa del lavoro impiegatizio, imponendo un nuovo paradigma di collaborazione uomo-macchina. I software gestionali predittivi decidono in tempo reale turni, flussi, allocazione delle risorse e persino la personalizzazione delle offerte per i clienti.
La nuova geografia del potere in azienda
Con l’avanzata dell’AI, anche la struttura del potere interno cambia. I manager tradizionali cedono spazio a team “data-driven”, in cui la capacità di interpretare i modelli predittivi e tradurli in decisioni strategiche diventa fondamentale. Il capitale umano non sparisce, ma si trasforma in capitale cognitivo: ciò che conta è la capacità di dialogare con i sistemi di intelligenza artificiale e di guidarli con competenze trasversali, etiche e tecnologiche.
Non a caso, nella stessa lettera ai dipendenti, Galetti ha annunciato che nel 2026 Amazon continuerà ad assumere in “aree strategiche chiave”, segno che la riduzione non è una ritirata ma una ridefinizione: meno persone nei livelli intermedi, più esperti di AI, cloud e automazione distribuita.
L’equilibrio tra innovazione e inclusione
Per milioni di lavoratori del digitale, il caso Amazon è un campanello d’allarme.
La sfida dei prossimi anni non sarà soltanto mantenere l’occupazione, ma riconvertire le competenze verso ruoli che l’intelligenza artificiale non può replicare: creatività, giudizio etico, leadership, relazioni umane.
Allo stesso tempo, governi e istituzioni dovranno riscrivere le regole del mercato del lavoro, dalla formazione continua alle tutele sociali, per evitare che l’AI crei un divario crescente tra chi guida la tecnologia e chi la subisce.
Verso un nuovo patto sociale digitale
L’AI non è più soltanto uno strumento di efficienza aziendale: è il perno attorno al quale si ridefiniscono i modelli produttivi globali. Amazon rappresenta l’avanguardia di questo cambiamento, ma il suo esempio si estende all’intero sistema tech e manifatturiero. La domanda che resta aperta è politica e culturale: come garantire che l’intelligenza artificiale potenzi il lavoro umano, invece di sostituirlo?
La risposta dipenderà dalla capacità collettiva di governare l’innovazione e di costruire un equilibrio nuovo tra automazione, dignità e valore del lavoro.




